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N.11020/13 – Fino a quando il figlio maggiorenne ha diritto al mantenimento

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La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11020/2013, ha rimarcato come l’obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne economicamente non autosufficiente sussiste anche se quest’ultimo abbia superato i trenta anni di età se non abbia raggiunto una propria autosufficienza economica per ragioni a lui non imputabili.Secondo la Suprema Corte, infatti, “l’obbligo dei genitori di concorrere tra loro al mantenimento dei figli secondo le regole dell’art. 148 cod. civ, non cessa, ‘ipso facto’, con il raggiungimento della maggiore età da parte di questi ultimi, ma perdura, immutato, finché il genitore interessato alla declaratoria della cessazione dell’obbligo stesso non dia la prova che il figlio ha raggiunto l’indipendenza economica, ovvero che il mancato svolgimento di un’attività economica dipende da un atteggiamento di inerzia ovvero di rifiuto ingiustificato dello stesso, il cui accertamento non può che ispirarsi a criteri di relatività, in quanto necessariamente ancorato alle aspirazioni, al percorso scolastico, universitario e post – universitario del soggetto ed alla situazione attuale del mercato del lavoro, con specifico riguardo al settore nel quale il soggetto abbia indirizzato la propria formazione e la propria specializzazione”. Sulla scorta di tale principio la Suprema Corte ha negato la sospensione dell’assegno di mantenimento sia nel caso in cui il figlio abbia lavorato solo per un breve periodo di tempo con retribuzione “irrilevante” (sei mesi di tirocinio in Spagna, con rimborso spese di complessivi 3000 euro e tre mesi di collaborazione con cliniche private, con un compenso di euro 7,00 per ora) e debba ancora frequentare la scuola di specializzazione, che in presenza di lavoro un’attività lavorativa non sufficientemente stabilizzata e, comunque, non congrua rispetto alle concrete e ragionevoli aspettative della prole (si pensi, ad esempio, al figlio di un professionista, studente universitario, che d’estate svolga un’attività lavorativa retribuita per avere una certa indipendenza economica). Al contrario, mantenimento del figlio maggiorenne convivente è da escludere quando quest’ultimo, ancorché allo stato non autosufficiente economicamente,abbia in passato iniziato a espletare un’attività lavorativa, così dimostrando il raggiungimento di una adeguata capacità e determinando la cessazione del corrispondente obbligo di mantenimento a opera del genitore, senza che possa avere rilievo il sopravvento di circostanze ulteriori (come, ad esempio, lo stesso abbandono dell’attività lavorativa da parte del figlio, o come, per restare al caso di specie, “la negatività dell’andamento dell’attività”) le quali, se pure determinano l’effetto di renderlo privo di sostentamento economico, non possono far risorgere un obbligo di mantenimento i cui presupposti erano già venuti meno (Corte di Cassazione, 2 dicembre 2005, n. 26259).Fonte: http://www.dirittoeconsulenza.it

Tags: Mantenimento 2013

N.11020/13 – Fino a quando il figlio maggiorenne ha diritto al mantenimento

Redazione
19 Maggio 2013
Mantenimento

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11020/2013, ha rimarcato come l’obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne economicamente non autosufficiente sussiste anche se quest’ultimo abbia superato i trenta anni di età se non abbia raggiunto una propria autosufficienza economica per ragioni a lui non imputabili.Secondo la Suprema Corte, infatti, “l’obbligo dei genitori di concorrere tra loro al mantenimento dei figli secondo le regole dell’art. 148 cod. civ, non cessa, ‘ipso facto’, con il raggiungimento della maggiore età da parte di questi ultimi, ma perdura, immutato, finché il genitore interessato alla declaratoria della cessazione dell’obbligo stesso non dia la prova che il figlio ha raggiunto l’indipendenza economica, ovvero che il mancato svolgimento di un’attività economica dipende da un atteggiamento di inerzia ovvero di rifiuto ingiustificato dello stesso, il cui accertamento non può che ispirarsi a criteri di relatività, in quanto necessariamente ancorato alle aspirazioni, al percorso scolastico, universitario e post – universitario del soggetto ed alla situazione attuale del mercato del lavoro, con specifico riguardo al settore nel quale il soggetto abbia indirizzato la propria formazione e la propria specializzazione”. Sulla scorta di tale principio la Suprema Corte ha negato la sospensione dell’assegno di mantenimento sia nel caso in cui il figlio abbia lavorato solo per un breve periodo di tempo con retribuzione “irrilevante” (sei mesi di tirocinio in Spagna, con rimborso spese di complessivi 3000 euro e tre mesi di collaborazione con cliniche private, con un compenso di euro 7,00 per ora) e debba ancora frequentare la scuola di specializzazione, che in presenza di lavoro un’attività lavorativa non sufficientemente stabilizzata e, comunque, non congrua rispetto alle concrete e ragionevoli aspettative della prole (si pensi, ad esempio, al figlio di un professionista, studente universitario, che d’estate svolga un’attività lavorativa retribuita per avere una certa indipendenza economica). Al contrario, mantenimento del figlio maggiorenne convivente è da escludere quando quest’ultimo, ancorché allo stato non autosufficiente economicamente,abbia in passato iniziato a espletare un’attività lavorativa, così dimostrando il raggiungimento di una adeguata capacità e determinando la cessazione del corrispondente obbligo di mantenimento a opera del genitore, senza che possa avere rilievo il sopravvento di circostanze ulteriori (come, ad esempio, lo stesso abbandono dell’attività lavorativa da parte del figlio, o come, per restare al caso di specie, “la negatività dell’andamento dell’attività”) le quali, se pure determinano l’effetto di renderlo privo di sostentamento economico, non possono far risorgere un obbligo di mantenimento i cui presupposti erano già venuti meno (Corte di Cassazione, 2 dicembre 2005, n. 26259).Fonte: http://www.dirittoeconsulenza.it

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