Le tecniche di riproduzione assistita hanno enormemente allargato le possibilità di "fare un figlio". Hanno anche ulteriormente complicato le questioni che in ogni società ed epoca si sono poste rispetto alla filiazione, soprattutto riguardo a chi ha diritto a diventare genitore e di chi si è figli in senso non solo biologico, ma sociale e giuridico.Se un tempo anche non molto lontano (basti pensare che le residue distinzionitrafigli naturali elegittimi in Italia sono state eliminate solo a dicembre 2012) le questioni riguardavano soprattutto la legittimità a vedersi riconosciuta la pienezza dello status di figlio e di genitore anche quando la generazione non avveniva entro la coppia coniugale codificata dal matrimonio, oggi includono sempre più la necessità di rivedere i nessi tra capacità biologica e capacità sociale e tra appartenenza biologica e appartenenza relazionale e sociale. Il primo punto riguarda chi ha diritto di cercare di diventare genitore, il secondo che diritti hanno i figli rispetto a chi li ha fatti nascere, ma anche che diritti e doveri hanno i diversi soggetti che concorrono in modo più o meno consapevole alla loro (dei figli) messa al mondo: genitori solo biologici, genitori insieme biologici e sociali, genitori solo sociali e così via. In Italia la soluzione è stata di tipo drastico: tutto ciò in cui non vi è coincidenza tra biologico e sociale non è permesso, come se, anche senza ricorso alletecniche di riproduzione assistita, da che mondo e mondo gameti maschili e femminili non superassero spesso i confini della coppia coniugale. Trovare la soluzione ai propri desideri di filiazione aggirando i limiti della biologia ed insieme utilizzandone tutte le potenzialità è tuttavia solo l'inizio di un percorso di ridefinizione dei rapporti di filiazione. Esso dovrebbe essere accompagnato non solo da forme di regolazione che evitino sfruttamenti, malintesi, ripensamenti più o meno interessati, ma anche dalla maturazione di capacità di lettura delle esperienze e di formulazione delle questioni in gioco. Processi che nel nostro Paese è difficile mettere in moto proprio perla clandestinità in cui queste pratiche avvengono. La varietà di soluzioni adottate dai Paesi più aperti del nostro — sia rispetto a chi può accedere alla genito rialità con le tecniche di riproduzione assistita e il ricorso a donatore/donatrice, sia rispetto al diritto dei figli nati per questo tramite a conoscere il donatore/donatrice di gameti — segnala come si tratti di questione controverse, su cui ancora non c'è un consenso generalizzato e gravide di possibili conflitti di interesse, in modo solo in parte simile a quanto succede con l'adozione. Un donatore/donatrice di gameti, ad esempio, non si concepisce e non può essere concepita come genitore, tanto meno come genitore che "abbandona", dei molti figli altrui che può aver aiutato a venire al mondo. Conoscere chi e come è il donatore può tuttavia essere sentito come necessario da chi ne ha ereditato i gameti per comprendere non tanto le proprie particolari caratteristiche fisiche, ma tratti di personalità. Del resto, coloro che utilizzano gameti di donatori proprio su quelle particolari storie e caratteristiche individuali si basano per sceglierli, molto più di quanto avvenga, e possa avvenire, con l'adozione. Questi nuovi modi di "fare famiglia" sono ormai tra noi. Come le modalità "devianti" del passato oggi divenute normali, possono piacere o non piacere. Ma una politica dell'intolleranza, del disgusto, o anche solo dell'ignoranza non è il miglior modo per aiutarli ad evolvere nel modo più equilibrato e rispettoso dei bisogni e diritti di tutti, in primis dei figli. di Saraceno Chiara
Fonte :repubblica giovedì 14 marzo 2013, pagina 59