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1 – Tribunale dei Minori e Servizi Sociali: un vero disastro

Homepage Area Psicologia e dintorni Servizi Sociali 1 - Tribunale dei Minori e Servizi Sociali: un vero disastro

1 – Tribunale dei Minori e Servizi Sociali: un vero disastro

Redazione
31 Dicembre 2010
Servizi Sociali

Nel nostro Paese esiste una precisa normativa che regola la frequentazione e l´affidamento dei figli di coppie separate o in corso di separazione. Una legge che, come dichiara lo stesso relatore, è costantemente disattesa. E a farne le spese sono prima di tutto i figli, in secondo luogo il padre, che ne esce quasi sempre come un criminale.“Edizioni Oggi” inizia un´inchiesta nel mondo della giustizia minorile, e nell´universo confuso, fosco e disastroso dei servizi di assistenza sociale, considerati la causa prima di malessere di moltissimi ragazzi che vengono affidati al loro controllo, il quale nella maggior parte dei casi, si rivela deleterio, superficiale, controproducente, assolutamente dannoso.

Il Tribunale dei minori

Nell´Ordinamento Giuridico italiano, il Tribunale dei Minori è un organismo collegiale con competenza in campo civile, penale e amministrativo, formato da due magistrati togati e due onorari, generalmente con competenze in campo psicologico o pedagogico, e nominati dal ministro della Giustizia su delibera del Consiglio Superiore della Magistratura.
Nel settore civile le competenze del Tribunale dei Minori riguardano la persona di età inferiore ai 18 anni che si trova in situazione di potenziale rischio abbandono o pregiudizio. Le sentenze emesse in tali casi possono pregiudicare la potestà genitoriale e disporre l´affidamento del minore o dichiararne l´adozione
In campo amministrativo, adotta provvedimenti di tipo rieducativo circa irregolarità commesse da minore in ambito familiare o sociale, oppure può provvedere alla tutela di minori che siano oggetti di reato a carattere sessuale.
Sul piano penale, emette giudizi sui minori che abbiamo commesso reati prima del compimento della maggiore età.
La composizione del Tribunale per i minorenni nell´udienza preliminare (GUP) è leggermente diversa. Infatti le decisioni sono prese da tre giudici: un giudice togato e due giudici onorari (un uomo e una donna).?I Tribunali per i minorenni non sono divisi in sezioni. Tuttavia nei tribunali più grandi, come quello di Roma, ovvie esigenze organizzative impongono una razionale divisione del lavoro e la creazione di una pluralità di collegi giudicanti. Ciascuno di questi collegi è presieduto da un giudice anziano e quando giudica è il Tribunale per i minorenni, con piena indipendenza di giudizio.?Il Tribunale non potrebbe funzionare senza il supporto delle cancellerie. Tutti i servizi di fanno capo al primo dirigente, che distribuisce il personale secondo le esigenze dell´ufficio e risponde direttamente al presidente del tribunale. Il primo dirigente è inoltre responsabile del Centro elettronico e di elaborazione dati del Tribunale.

Affidamento condiviso, affidamento congiunto,

potestà genitoriale

Al centro di pesanti polemiche la competenza e le sentenze relative agli affidamenti e alla tutela di figli di coppie separate o in corso di separazione. Sono migliaia le cause di separazione in cui, davanti a prove inequivocabili a carico, i figli vengono comunque affidati alla tutela della madre o, nel peggiore dei casi, ai Servizi Sociali del Comune di appartenenza. E qui iniziano i guai. Sono infatti altrettanto numerosi i casi in cui l´intromissione dei Servizi Sociali è causa lampante di manifestazioni di disagio, per essere eleganti. Se si volesse essere più diretti, raccogliendo i commenti di molti genitori si potrebbe dire che “i servizi sociali fanno più danni di un´epidemia di vaiolo”.
Affidamento condiviso e affidamento congiunto sono i concetti, o meglio, i provvedimenti regolati dalla legge che giornalmente vengono disattesi, in massima parte proprio da chi invece dovrebbe tutelare il corretto svolgimento di detto provvedimento. In caso di condivisione, l´affidamento dei figli e l´esercizio della podestà genitoriale viene regolato per giungere a che ognuno dei genitori sia responsabile “in toto” dei figli quando questi siano con l´uno o con l´altro.
Affidamento congiunto invece significa che, in mancanza della necessaria cooperazione dei genitori, il tribunale decide in modo equilibrato l´affidamento dei minori e le relative responsabilità per la permanenza dei figli presso uno o l´altro dei genitori, mantenendo inalterata la genitorialità di entrambi. Questo significa che la legge, per la precisione la N.54 dell´8 febbraio 2006, deve garantire la assoluta autorità dei genitori, anche in caso di conflitto fra i medesimi in caso di procedimento di separazione legale.
Il professor Marino Maglietta, Accademico e docente associato di Fisica all´università di Firenze, nonché docente pressi diversi studi di formazione di mediatori familiari e socio onorario della Associazione Italiana Mediatori Familiari e membro della Consulta Nazionale per l´Infanzia, è il firmatario della legge 54/2006 che, a tutti gli effetti, è una modifica dell´Art.155 del Codice Civile.
Lo stesso Maglietta ha dichiarato, in più occasioni, che: “Quella sull´affido condiviso dei minori, in caso di separazione dei genitori, è ancora oggi una norma di legge troppo poco applicata, a causa delle continue distorsioni, di errate interpretazioni sia in sede giudiziaria che in sede si assistenza sociale. Di fatto si presenta come affido condiviso quello che normalmente è invece l´affido esclusivo presso la madre, appellandosi al principio di residenza privilegiata, che oltretutto, nella suddetta legge non è nemmeno menzionato”.
Sostanzialmente, l´affido condiviso, nel rispetto della norma di legge, è applicato in meno del 20% dei casi trattati. Nel rimanente 80% l´affido è invece esclusivo presso la madre, pur evidenziando che la potestà genitoriale deve essere esercitata in modo congiunto. Di per sé una contraddizione in termini che non avrebbe alcuna ragione di esistere, ovvero: viene concesso al padre di frequentare i figli in determinati giorni della settimana e in determinate ore o determinato periodi dell´anno.
L´affidamento congiunto ha, innanzitutto, un significato più propriamente giuridico inteso come esercizio congiunto della potestà genitoriale (precedentemente il termine usato era il tradizionale patria potestà). Con l´affidamento condiviso, quindi, i genitori conservano entrambi l´esercizio di detta potestà genitoriale sul figlio.
Anche l´affidamento condiviso prevede comunque la collocazione del figlio presso uno dei genitori come dimora prevalente (precedentemente l´espressione usata era casa familiare). Il precedente diritto di visita è stato così sostituito dal progetto comune di cura e di educazione in cui i genitori devono suddividersi i compiti di amministrazione ordinaria gestendoli anche in modo disgiunto.
Tale riforma legislativa, però, non è idonea a creare da sola le premesse per il cambiamento radicale che si pone come obiettivo; il legislatore, quindi, ha pensato di introdurre la figura del “mediatore” che dovrebbe aiutare i genitori a costruire un canale di comunicazione per realizzare insieme tale progetto, ma in concreto ben poche sono le esperienze positive in tal senso.
A tutti gli effetti, una decisione del genere è da considerare una vera e propria presa di posizione nonché strumento per escludere un genitore (solitamente il padre) dalla vita dei propri figli da parte soprattutto di chi mette in campo accuse di violenza o maltrattamento tutte da dimostrare, che solitamente sono il prologo alla richiesta di affido esclusivo da parte di uno dei genitori (solitamente la madre).
Alcuni esempi pratici: il caso di un PM della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo che, pur riferendosi alle sole denunce presentate presso il suo ufficio, ha dichiarato che solo il 20% delle stesse sono fondate, aggiungendo che la sua impressione è che gli strumenti di polizia giudiziaria siano usati dalle donne in fase di separazione come armi di ricatto. Dello stesso parere essere altri PM donne: Jacqueline Monica Magi, della Procura di Pistoia, sostiene che “le false denunce provengono quasi nella totalità da donne, spesso madri che in tal modo tentano di allontanare gli ex mariti dai figli o peggio credono di vendicarsi di non si sa quali torti subiti durante il matrimonio, senza rendersi conto che una falsa denuncia è un reato, ma soprattutto che in tal modo rovinano in primo luogo la vita dei figli, negandogli il padre e distruggendo la possibilità di fare giustizia per i casi di vere violenze“.
Barbara Bresci, che si occupa di stalking nella Procura di Sanremo, dichiara che “Sempre più spesso si ricorre alla querela del coniuge o del convivente per risolvere a proprio favore i contenziosi civili per l´affidamento dei figli o per l’assegno di mantenimento“.

(Fine Prima Parte)

28·dicembre·2010

Roberto Roggero

Tags: 2010 Servizi Sociali Tribunale Minori
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