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Condannato a 11 anni per abusi sulla figlia Viene assolto perché il fatto non sussiste

Homepage Area Legale Corte d'appello Condannato a 11 anni per abusi sulla figlia Viene assolto perché il fatto non sussiste

Condannato a 11 anni per abusi sulla figlia Viene assolto perché il fatto non sussiste

Redazione
5 Novembre 2013
Corte d'appello

Condannato a 11 anni per abusi sulla figliaViene assolto perché il fatto non sussiste

Finisce l’incubo di un professionista catanzarese accusato, e condannato in primo grado a 11 di reclusione, di aver molestato per diversi anni la propria figlia. La corte d’Appello, dopo che la Cassazione aveva annullato una prima sentenza di condanna, ha assolto l’uomo «perché il fatto non sussiste»Il tribunale di Catanzaro

CATANZARO – La Corte d’appello con l’assoluzione decisa questa sera ha posto fine a un lunghissimo incubo per un quarantenne professionista catanzarese, imputato per presunti ripetuti abusi sessuali sulla figlioletta e già condannato in primo grado a 11 anni di reclusione anche se la vicende processuale appare molto più complessa, come vedremo, considerato un primo pronunciamento anche della Cassazione.

In particolare, i giudici di secondo grado hanno assolto l’uomo con formula piena “perchè il fatto non sussiste”, dopo che anche il sostituto procuratore generale, Massimo Lia, aveva chiesto di assolverlo essendo giunto alla conclusione che le prove a suo carico fossero contraddittorie. L’assoluzione era stata ovviamente chiesta anche dai difensori dell’imputato, mentre aveva chiesto la conferma della condanna di primo grado il difensore di parte civile, l’avvocato Francesco Gambardella, che rappresentava la presunta piccola vittima e la madre, ex moglie dell’imputato. La Corte d’appello si è così pronunciata per la seconda volta sulla vicenda, dopo che la Corte di cassazione ha annullato con rinvio la precedente pronuncia di secondo grado del 6 maggio 2011.
 Quel giorno i giudici catanzaresi avevano confermato la sentenza di condanna ad undici anni di reclusione già emessa a carico dell’imputato, come richiesto dal sostituto procuratore generale, Eugenio Facciolla, il quale comunque aveva in precedenza chiesto, senza successo, di rinnovare la perizia medica al centro dell’intero processo affidandola questa volta ad un collegio di esperti. Il giudizio di primo grado per il giovane professionista, invece, si era concluso l’8 luglio 2010, quando i giudici del tribunale collegiale di Catanzaro accolsero quasi completamente le richieste del pubblico ministero Simona Rossi, che aveva chiesto una condanna a 13 anni di reclusione.
Alla richiesta di dichiarare l’imputato colpevole si è associato anche l’avvocato di parte civile, che allora era Salvatore Veneziano, a nome della mamma della bambina, che oggi ha circa nove anni. Fu proprio la donna a dare il via alle indagini della Polizia con una denuncia sporta contro l’ex marito nel maggio del 2007. Nei mesi seguenti, a metà dicembre 2007, l’imputato finì in manette, e tre giorni dopo lasciò il carcere di Siano per decisione del giudice per le indagini preliminari, che gli concesse i domiciliari, con permesso di recarsi a lavoro.
L’imputato, che rispondeva anche di aver detenuto e, secondo le accuse, divulgato attraverso la rete Internet materiale pedo-pornografico, si è sempre difeso parlando di un accanimento della moglie nei suoi confronti dovuta alla loro separazione, e ricordando che, oltre un anno prima che la donna lo denunciasse, anche lui aveva presentato un esposto al Tribunale dei minorenni di Catanzaro perchè, sostenne, la figlioletta gli aveva raccontato di aver visto la madre in atteggiamenti scabrosi con un’altra persona.
Fonte:ilquotidianodellacalabria.it
Tags: Violenza False Denunce
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