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La perdita nella separazione

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La perdita nella separazione

Redazione
29 Maggio 2011
Area Psicologia e dintorni

Quando due genitori si separano ciò che rattrista maggiormente il figlio è la perdita. Perdita della vita insieme ai genitori, perdita delle sue abitudini quotidiane e nel caso di un trasloco anche perdita dei riferimenti sociali.  Tale perdita oltre a essere reale, concreta, è anche simbolica. Infatti il figlio perde l’idea e l’immagine di due genitori che si amano e che vivono accanto a lui con lo scopo di amarlo e proteggerlo e perde l’illusione dell’eternità dell’amore come rifugio sicuro.

Raramente il figlio esprimerà direttamente questa tristezza, ne parlerà con qualcuno. Più spesso tenderà a negarla. I motivi sono vari: la perdita di fiducia verso i genitori, il sentimento di abbandono, la credenza di non essere stato abbastanza bravo o di non aver fatto il possibile per tenere uniti i suoi genitori. Tutte queste motivazioni spingono il figlio a chiudersi in se stesso e a non mostrare i suoi veri sentimenti.
C’è spesso un forte senso di colpa nei confronti dei genitori come se la propria tristezza potesse in qualche modo infastidire o preoccuparli ulteriormente. Per questo il figlio tende a dissimulare, per non aggiungere ulteriori sentimenti negativi alla situazione. In tal modo i conflitti familiari tendono a prevalere rispetto all’ascolto dei problemi del figlio.

Come manifesterà il proprio disagio?
La tristezza non dichiarata potrà manifestarsi attraverso la perdita di interesse per la scuola o attività ricreative ritenute in precedenza piacevoli, sostituite dal trascorrere la maggior parte del tempo davanti alla tv o con i videogiochi. Si manifesterà attraverso la noia e l’insoddisfazione, i litigi con i fratelli, fino all’estrema conseguenza di essere etichettato come aggressivo, intrattabile o menefreghista. Non potendo esprimere a parole questo sentimento potranno essere anche la sua espressione seria, l’aria assente o le crisi di pianto a segnalarne la presenza.
Il figlio potrebbe provare un sentimento di esclusione, non si sentirà cioè sufficientemente amato dai genitori ed anche sperimentare un sentimento di impotenza, incapacità cioè di far fronte alla situazione. Il senso di impotenza potrebbe tradursi in un decremento della propria autostima laddove diventassero ricorrenti pensieri del tipo “ “Non capisco…”, “non ci riesco…”, “sono stupido…”.

E’ importante che i genitori colgano questi segnali nonostante siano presi anch’essi dai propri sentimenti di sconforto e dolore e qualora sia necessario ricerchino il supporto esterno di un esperto che possa aiutare il figlio ad esprimere e gestire al meglio le proprie emozioni.

Che cosa è meglio fare?
Soprattutto nel caso in cui il figlio manifesti forti segni di tristezza e perdita di interesse verso le proprie attività è importante che i genitori si mostrino meno esigenti verso di lui e limitino i rimproveri riguardo a ciò che prima faceva meglio (ad esempio il rendimento scolastico). Questi infatti, come le richieste nei suoi confronti, spesso in situazioni di tensione tendono ad aumentare. Non è utile tentare si spronare il figlio in maniera brusca affinchè non si abbatta, è più funzionale garantirgli comprensione, tenerezza, attenzione e rassicurazione rispetto all’affetto provato nei suoi confronti.
Questi potrebbero essere alcuni comportamenti utili da adottare:
Ascoltarlo con attenzione, tralasciando altre attività, magari scegliendo un momento della giornata (ad esempio la sera) nel quale si è disponibili per lui.
Lasciarlo esprimere senza interromperlo con i propri commenti.
Trovare insieme delle soluzioni, facendole proporre a lui innanzi tutto.
Non coinvolgerlo nella propria angoscia. Anche se ha un’età nella quale si pensa possa essere abbastanza grande da ricevere delle confidenze, bisogna ricordare che questo non è il suo ruolo. Questo tipo di responsabilità genererà solo ansia e alimenterà in qualche modo la convinzione di poter sostituire il partner andato via.

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