Nel nome dei padri: che attendono da troppo il congedo di paternità
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Nel nome dei padri: che attendono da troppo il congedo di paternità
Uno studio di Giancarlo Pizzutelli inviato ai parlamentari. Per sollecitare una norma stabile sul diritto dei papà ad avere un dignitoso numero di giorni per stare accanto ai figli.
Parte da Frosinone l’analisi in grado di riscrivere le regole. L’ha elaborata il dottor Giancarlo Pizzutelli dirigente dell’Azienda sanitaria locale e docente universitario. Il suo dossier ora è nelle mani del parlamentari del territorio.
Gliel’ha girato perché la morale senza la norma è come la poesia senza l’alfabeto. La normativa sul congedo di paternità è norma sperimentale che non ha ancora un binario canonizzato. Ed è norma che sui numeri mette l’Italia in fondo alla classifica dei Paesi europei. E per un Paese che dell’Europa è parte organica non va benissimo.
Congedo, il diritto negletto dei papà
La sponda normativa arriva subito. «La La legge 28.12.2012, n. 92, con l’art. 4, comma 2, lett. a), ha introdotto l’obbligo per il genitore di assentarsi dal lavoro. Per la prima volta nel nostro ordinamento, in via sperimentale e a valere per gli anni 2013, 2014 e 2015. Obbligo entro 5 mesi dalla nascita del figlio, per 1 giorno. Lo stesso genitore poteva fruire di altri 2 giorni di astensione facoltativa dal lavoro. Giorni, in questo caso, da detrarre dal periodo di congedo obbligatorio della madre. Quindi, in accordo con essa».
Qual è il problema? Che le leggi sperimentali o le confermi o dopo l’esperimento cessano di essere leggi.
«Va necessariamente sottoposta a proroghe. Questo proprio perché ha carattere sperimentale. Proroghe con le leggi annuali di bilancio. Altrimenti decadrebbe. Allo stato, per il 2020, sono previsti 7 giorni di congedo obbligatorio di paternità».
E qui Pizzutelli cala l’asso. E’ «una misura decisamente insufficiente. Ben al di sotto di qualsiasi standard internazionale. Tale estensione temporale ci colloca infatti al 21° posto in Europa. E non soddisfa ancora il pur modesto livello minimo previsto dalla UE di 10 giorni (Direttiva 2019/1158)».
Un ruolo “negato”, colpa assoluta
Ma c’è di più. E Pizzutelli lo spiega con i dati Inps sotto gli occhi.
«Questo pur ridottissimo diritto non spetta ai dipendenti del settore pubblico. Non spetta perché i competenti Ministeri non hanno ancora approvato una apposita normativa». Una normativa che doveva definire ambiti, modalità e tempi per estendere il congedo in discorso ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche.
Mancano i soldi? Non è una giustificazione valida per creare una «spropositata differenza di trattamento tra madre e padre sul luogo di lavoro. Viola l’Articolo 3 della Costituzione per il quale “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale. E sono eguali davanti alla legge. Senza distinzione di sesso, razza, lingua. Poi di religione, opinioni politiche, condizioni personali sociali”».
In che modo migliorare la norma attuale? Lo studio individua un punto di possibile equilibrio: «l’istituzione stabile di un congedo di paternità retribuito di almeno 30 giorni. Da fruirsi nei primi 5 mesi di età di ciascun figlio».
«L’eccessiva sproporzione tra i due congedi configura una violazione. Quella dell’art. 37». È la norma secondo la quale la donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore”.
La morale impone il congedo
«Il rischio che la figura paterna venga sempre più marginalizzata è fortissimo nel nostro Paese. Lo è nonostante la nostra storia sia stata sempre caratterizzata da figure paterne autorevoli ed affettuose. Di esempi se ne potrebbero fare milioni. Mi piace ricordare al proposito che anche i cantautori padri hanno primeggiato sul tema. Scrivendo le più belle canzoni dedicate ai figli».
E in tema di Covid i padri non hanno mollato. « Inoltre i padri, anche di recente, hanno dimostrato alcune cose. Cioè una generosità ed un senso di appartenenza comunitaria particolarmente spiccata. Lo hanno fatto pagando il tributo più pesante alla pandemia da Covid 19. Come dimenticare che gli uomini (in gran parte padri) sono stati il 57,2% dei morti per coronavirus?».
«Come dimenticare che gli uomini (in gran parte padri) sono stati il 94,2% (dico 94,2%) dei morti per coronavirus tra i medici? Cioè tra coloro che sono stati in prima fila per soccorrere i propri simili? Come dimenticare che i padri separati durante il lockdown hanno avuto tremende difficoltà? O addirittura impossibilità a incontrare i propri figli?».
Olocausto sociale “di genere”
L’aspetto demografico è quello di chiosa della lettera di Pizzutelli ai parlamentari. (leggi qui La cicogna non vola più qui: crollano le nascite).
«L’Italia è al 25° posto in Europa per indice di fertilità (fonte Eurostat). Nonostante numerose misure di sostegno alla maternità non si sono ottenuti risultati soddisfacenti. Sorprende che non si provveda a valorizzare il ruolo paterno. Questo per incidere su questo importante problema nazionale. Neanche a farlo apposta siamo al 21° posto per durata del congedo di paternità. Ed al 25° posto per indice di fertilità. Posizioni in classifica così simili dovrebbero spingere ad una riflessione in tal senso».