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Affidamento condiviso: ora conta anche l’età? di Marino Maglietta

Homepage News Affidamento condiviso: ora conta anche l'età? di Marino Maglietta

Affidamento condiviso: ora conta anche l’età? di Marino Maglietta



A prescindere dalla sorte del governo, nel nuovo testo di riforma dell'affidamento condiviso si va incontro, tra l'altro, ad un ancor maggiore potere discrezionale dei giudici e alla divisione dei figli per fasce di età

di Marino Maglietta - La crisi di governo è stata salutata entusiasticamente da quella parte sociale e politica che avversava il ddl 735 (Pillon) nel desiderio di consolidare e legittimare il sistema monogenitoriale oggi prevalente nei fatti, anche se non previsto dalla legge. Anche chi scrive si rallegrerebbe del suddetto eventuale accantonamento - sia pure per le ragioni opposte, ovvero l'inefficacia, se non per certi aspetti l'arretramento, del 735 - se non fosse convinto che le probabilità di successo delle tendenze conservatrici non si sono affatto ridotte. Depongono a favore di questa tesi sia la matrice di quelle posizioni (una parte, purtroppo largamente maggioritaria, della magistratura e dell'avvocatura) sia la remissività, di fronte alle pressioni di tali forti poteri, da parte di chi ha dichiarato di voler andare nel senso opposto, come dimostrano i contenuti annunciati per la stessa riscrittura del ddl 735. Né è sperabile che le cose cambino dopo un eventuale rinnovo del Parlamento, visto che i suddetti poteri forti non ne saranno toccati.

Affidamento condiviso: il nuovo testo unificato

Pertanto, il nuovo testo unificato, pur avendo perduto operatività attuale in conseguenza della crisi, mantiene un pieno interesse a livello diagnostico, sul piano delle previsioni che si possono effettuare alla luce delle numerose anticipazioni sui suoi contenuti, confermate dallo stesso relatore. 

Preoccupano, in particolare, due aspetti: l'ancor maggiore aleatorietà della decisione e la divisione dei figli in fasce di età, con la previsione di una diversa disciplina.

Già, infatti, nel ddl 735 si segnalava una imponente possibilità di deroghe dal principio della parità di ruolo dei genitori, con l'aggravante di non discendere da oggettive e verificabili condizioni, ma da opinabili valutazioni del magistrato di turno, sulla base delle sue personali convinzioni e conoscenze di natura extragiuridica (pedagogia, psicologia e simili). Adesso la sfera della discrezionalità sembra avere ampiamente accresciuto il suo raggio, tanto che, ad es., si ipotizza che il giudice sia tenuto a ricercare una pariteticità solo "tendenziale"; e, ovviamente, solo dopo avere superato le accennate soggettive ragioni ostative. Naturalmente nulla di sorprendente in questa maggiore libertà del giudice (maggiore anche rispetto alla legge in vigore, si badi bene), ovvero decremento della certezza del diritto, ovvero probabilissimo incremento del contenzioso. Ogni categoria professionale nel momento in cui è chiamata ad esprimere pareri de iure condendo non può utilizzare che il proprio punto di vista e nella fattispecie lo stesso relatore pochi giorni prima dell'apertura della crisi informava che "Come già comunicato nelle scorse settimane, abbiamo lavorato con un team di tecnici (giudici, avvocati, psicologi) al testo unificato". In altre parole, si confermava che le soluzioni del nuovo testo erano state partorite dagli stessi soggetti responsabili del problema.

La divisione della prole per fasce d'età

Nel dettaglio, ancora più sconcertante appare la proposta di dividere la prole per fasce di età con diverso destino giuridico. Certamente, infatti, è del tutto naturale che, a posteriori, in corrispondenza di età diverse cambi la frequenza statistica dei vari regimi possibili: ma sul campo, non a priori, per legge. Si viene, invece, informati che "nel nuovo testo sono fatti salvi i principi cardine della riforma presenti nel contratto di governo: bigenitorialità, tempi paritetici di frequentazione (con adeguate distinzioni per fasce d'età), doppio domicilio, mantenimento diretto". Espresse le inevitabili riserve sulla promessa garanzia di pariteticità (nella larga maggioranza dei casi resterebbe il genitore collocatario e con lui salta il mantenimento diretto e tutto l'equilibrio nell'impianto educativo), si aggiunge l'inimmaginabile frazionamento giuridico e pratico dei figli. Integrando, infatti, questa recente conferma del relatore con precedenti anticipazioni l'idea sembra essere quella di creare passaggi di regime di frequentazione in funzione di soglie di età: 0-3 anni, 3-12, 12-18, >18. In sostanza, ufficializzazione della maternal preference per i pernottamenti sotto i 3 anni, graduale e prudente ampliamento fra i 3 e i 12 anni, per lasciare al figlio ultradodicenne libertà di scelta del genitore prevalente. Anche ammettendo che il testo finale avrebbe ammesso formulazioni non rigide nella gestione delle soglie, le eventuali eccezioni dipenderebbero ancora una volta dall'apprezzamento dell'interesse del minore da parte del giudice. Ovvero nessuna garanzia, in esatta contraddizione con gli impegni del Contratto di Governo e con i proclami dei programmi elettorali. 

A questa prima osservazione di carattere generale non si può non aggiungere una forte perplessità sotto il profilo costituzionale, la cui evidenza è lasciata al lettore. E non mancano le criticità specifiche, applicative, di una impostazione del genere. Anche mettendo da parte il messaggio discriminatorio, contrario alla parità di genere, che trasmette un modello di questo tipo; anche mettendo da parte l'atroce imbarazzo in cui verrebbe a trovarsi il figlio dodicenne; anche prescindendo dall'inevitabile "effetto di trascinamento" per cui in sostanza il regime precedente finirebbe fatalmente per protrarsi in quello successivo … come non chiedersi come disciplinare le frequentissime situazioni familiari in cui i figli sono più di uno, chi sopra e chi sotto una determinata soglia? Sottoporli a regimi diversi, ossia separarli? Oppure sottoporre i più grandi al regime del più piccolo?

Conclusioni

Concludendo, se davvero esistono, oggi nel paese e domani nel Parlamento, soggetti politici intenzionati ad ascoltare le richieste delle famiglie separate in tutte le sue maggioritarie componenti (la riforma del 2006 nasce dal basso e le recenti audizioni delle associazioni di genitori e figli ne hanno confermato i principi) occorre che si riparta da quei testi di base popolare, del tutto simili tra loro (ovviamente aggiornati: per il centro-destra Valentino et al., per i 5 Stelle Bonafede et al., per il PD Lumia et al.), tecnicamente ineccepibili, che nelle ultime legislature avevano ottenuto una larga convergenza delle varie forze politiche, sfiorando l'approvazione. Quanto meno si costringerà a venire allo scoperto chi li avversa, con i reali motivi.

Fonte da parte di Marino Maglietta  https://www.studiocataldi.it/articoli/35637-affidamento-condiviso-ora-conta-anche-l-eta.asp 17 ago 2019

Tags: Separazione&Divorzio Affido Condiviso Figli Proff. Marino Maglietta 2019

Affidamento condiviso: ora conta anche l’età? di Marino Maglietta

Papà separati Liguria
18 Agosto 2019
News

A prescindere dalla sorte del governo, nel nuovo testo di riforma dell’affidamento condiviso si va incontro, tra l’altro, ad un ancor maggiore potere discrezionale dei giudici e alla divisione dei figli per fasce di età

di Marino Maglietta – La crisi di governo è stata salutata entusiasticamente da quella parte sociale e politica che avversava il ddl 735 (Pillon) nel desiderio di consolidare e legittimare il sistema monogenitoriale oggi prevalente nei fatti, anche se non previsto dalla legge. Anche chi scrive si rallegrerebbe del suddetto eventuale accantonamento – sia pure per le ragioni opposte, ovvero l’inefficacia, se non per certi aspetti l’arretramento, del 735 – se non fosse convinto che le probabilità di successo delle tendenze conservatrici non si sono affatto ridotte. Depongono a favore di questa tesi sia la matrice di quelle posizioni (una parte, purtroppo largamente maggioritaria, della magistratura e dell’avvocatura) sia la remissività, di fronte alle pressioni di tali forti poteri, da parte di chi ha dichiarato di voler andare nel senso opposto, come dimostrano i contenuti annunciati per la stessa riscrittura del ddl 735. Né è sperabile che le cose cambino dopo un eventuale rinnovo del Parlamento, visto che i suddetti poteri forti non ne saranno toccati.

Affidamento condiviso: il nuovo testo unificato

Pertanto, il nuovo testo unificato, pur avendo perduto operatività attuale in conseguenza della crisi, mantiene un pieno interesse a livello diagnostico, sul piano delle previsioni che si possono effettuare alla luce delle numerose anticipazioni sui suoi contenuti, confermate dallo stesso relatore. 

Preoccupano, in particolare, due aspetti: l’ancor maggiore aleatorietà della decisione e la divisione dei figli in fasce di età, con la previsione di una diversa disciplina.

Già, infatti, nel ddl 735 si segnalava una imponente possibilità di deroghe dal principio della parità di ruolo dei genitori, con l’aggravante di non discendere da oggettive e verificabili condizioni, ma da opinabili valutazioni del magistrato di turno, sulla base delle sue personali convinzioni e conoscenze di natura extragiuridica (pedagogia, psicologia e simili). Adesso la sfera della discrezionalità sembra avere ampiamente accresciuto il suo raggio, tanto che, ad es., si ipotizza che il giudice sia tenuto a ricercare una pariteticità solo “tendenziale”; e, ovviamente, solo dopo avere superato le accennate soggettive ragioni ostative. Naturalmente nulla di sorprendente in questa maggiore libertà del giudice (maggiore anche rispetto alla legge in vigore, si badi bene), ovvero decremento della certezza del diritto, ovvero probabilissimo incremento del contenzioso. Ogni categoria professionale nel momento in cui è chiamata ad esprimere pareri de iure condendo non può utilizzare che il proprio punto di vista e nella fattispecie lo stesso relatore pochi giorni prima dell’apertura della crisi informava che “Come già comunicato nelle scorse settimane, abbiamo lavorato con un team di tecnici (giudici, avvocati, psicologi) al testo unificato“. In altre parole, si confermava che le soluzioni del nuovo testo erano state partorite dagli stessi soggetti responsabili del problema.

La divisione della prole per fasce d’età

Nel dettaglio, ancora più sconcertante appare la proposta di dividere la prole per fasce di età con diverso destino giuridico. Certamente, infatti, è del tutto naturale che, a posteriori, in corrispondenza di età diverse cambi la frequenza statistica dei vari regimi possibili: ma sul campo, non a priori, per legge. Si viene, invece, informati che “nel nuovo testo sono fatti salvi i principi cardine della riforma presenti nel contratto di governo: bigenitorialità, tempi paritetici di frequentazione (con adeguate distinzioni per fasce d’età), doppio domicilio, mantenimento diretto“. Espresse le inevitabili riserve sulla promessa garanzia di pariteticità (nella larga maggioranza dei casi resterebbe il genitore collocatario e con lui salta il mantenimento diretto e tutto l’equilibrio nell’impianto educativo), si aggiunge l’inimmaginabile frazionamento giuridico e pratico dei figli. Integrando, infatti, questa recente conferma del relatore con precedenti anticipazioni l’idea sembra essere quella di creare passaggi di regime di frequentazione in funzione di soglie di età: 0-3 anni, 3-12, 12-18, >18. In sostanza, ufficializzazione della maternal preference per i pernottamenti sotto i 3 anni, graduale e prudente ampliamento fra i 3 e i 12 anni, per lasciare al figlio ultradodicenne libertà di scelta del genitore prevalente. Anche ammettendo che il testo finale avrebbe ammesso formulazioni non rigide nella gestione delle soglie, le eventuali eccezioni dipenderebbero ancora una volta dall’apprezzamento dell’interesse del minore da parte del giudice. Ovvero nessuna garanzia, in esatta contraddizione con gli impegni del Contratto di Governo e con i proclami dei programmi elettorali. 

A questa prima osservazione di carattere generale non si può non aggiungere una forte perplessità sotto il profilo costituzionale, la cui evidenza è lasciata al lettore. E non mancano le criticità specifiche, applicative, di una impostazione del genere. Anche mettendo da parte il messaggio discriminatorio, contrario alla parità di genere, che trasmette un modello di questo tipo; anche mettendo da parte l’atroce imbarazzo in cui verrebbe a trovarsi il figlio dodicenne; anche prescindendo dall’inevitabile “effetto di trascinamento” per cui in sostanza il regime precedente finirebbe fatalmente per protrarsi in quello successivo … come non chiedersi come disciplinare le frequentissime situazioni familiari in cui i figli sono più di uno, chi sopra e chi sotto una determinata soglia? Sottoporli a regimi diversi, ossia separarli? Oppure sottoporre i più grandi al regime del più piccolo?

Conclusioni

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